LEGGENDE INFORMATICHE: Quando la Olivetti inventò il pc e conquistò New York

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Cinquant’anni fa il lancio della P101, usato dalla Nasa per Apollo 11 e copiato da Hp

«Sognavo una macchina che sapesse imparare e poi eseguire docilmente, che consentisse di immagazzinare istruzioni e dati, ma nella quale le istruzioni fossero semplici e intuitive, il cui uso fosse alla portata di tutti e non solo di pochi specialisti. Perché questo fosse realizzabile, essa doveva soprattutto costare poco e non essere di dimensioni diverse dagli altri prodotti per l’ufficio, ai quali la gente si era da tempo abituata»

Pier Giorgio Perotto

Quindici anni prima di Steve Jobs e Bill Gates, Olivetti con la Programma 101 ha aperto la strada alla rivoluzione del nostro tempo: il personal computer.

Cinquant’anni fa l’idea di tenere un computer sulla scrivania o nella camera dei bambini era poco più che un’intuizione visionaria, seguita con determinazione da un geniale squadra di ingegneri di una delle aziende più importanti al mondo nel campo delle macchine da scrivere e da calcolo. Il lancio avvenne il 14 ottobre 1965 a New York, con un successo clamoroso: tra i primi a intuire le potenzialità della P101 ci furono gli scienziati della Nasa, che ne acquistarono quarantacinque esemplari per compilare le mappe lunari ed elaborare la traettoria del viaggio della missione Apollo 11, che nel 1969 portò l’uomo sulla luna.

 

 

 

 

Dopo la presentazione organizzata al Waldford Astoria e condotta dal giornalista Rai Ruggero Orlando, seguì una dimostrazione alla Bema Show: gli articoli che riportarono la notizia del «first desk top computer of the world» furono centinaia.

Il New York Journal American scrisse: «Potremmo vedere un computer in ogni ufficio prima che due macchine in ogni garage. Con la Programma 101 un manager ora può avere la sua segretaria che divide le spese di tutti i reparti di un’azienda con velocità istantanea e sul suo tavolo».

 

 

A ripercorrere la storia di una delle invenzioni più rivoluzionarie di tutti i tempi è l’ingegnere Pier Giorgio Perotto in L’invenzione del personal computer:  una storia appassionante mai raccontata. L’avventura della Olivetti nel mondo dell’elettronica iniziò nel laboratorio sperimentale di Pisa – dove venne creato Elea 9003, il primo computer a transistor commerciale prodotto in Italia e uno dei primi del mondo – diretto dall’ingegner Mario Tchou, morto in un incidente d’auto nel 1961.

Perso il suo direttore, il laboratorio si trasferì da Pisa a Pregnano Milanese, dove da quel momento le ricerche continuarono quasi in clandestinità: nel 1964 la Olivetti cedette la Divisione Elettronica alla General Electric, così Perotto, Desandre e Garziera, lontani dalla casa madre di Ivrea che continuò a dedicarsi principalmente alla costruzione di calcolatrici meccaniche, cominciarono a progettare il loro calcolatore.

 

 

Nel 1963 l’ultimo ritrovato in campo informatico era il DEC PDP-1 un computer tecnologicamente avanzatissimo, ma che occupava una parete intera, costava 100 mila dollari e veniva usato solo in pochissimi laboratori specializzati.

L’installazione di un calcolatore elettronico a quei tempi richiedeva una grande sala condizionata per smaltire il calore e l’assistenza continua di tecnici specializzati pronti a intervenire: difficile farli funzionare per più di qualche ora. Nacque così una nuova professione, quella dei programmatori, intermediari tra gli utenti e la macchina.

L’introduzione dei transistor diede l’avvio alla seconda generazione di calcolatori elettronici, rendendoli più affidabili e pratici, ma non contribuì a diminuirne le dimensioni. Restava enorme la differenza con i prodotti usati negli uffici: calcolatrici e macchine da scrivere. Insomma in quegli anni si sviluppavano memoria e potenzialità, ma a nessuno sembrava interessare rendere il calcolatore più facile da usare: nessuno si occupava di semplificare l’uso per il grande pubblico. Continua Perotto: «Era l’uomo che doveva adattarsi alla macchina e non viceversa.

Tra la fine del 62 e gli inizi del 64 venne a prendere forma nella mia mente non tanto una soluzione, quanto un sogno: il sogno di una macchina nella quale non venisse solamente privilegiata la velocità o la potenza, ma piuttosto l’autonomia funzionale, che sia in grado non solo di compiere calcoli complessi, quanto di gestire in modo automatico l’intero procedimento di elaborazione, però sotto il controllo diretto dell’uomo».

 

 

Il manuale di istruzioni della Programma 101

Perrotto ci racconta come nel laboratorio di Milano idearono una piccola memoria con un filo di ferro, mentre per l’ingresso e l’uscita dei dati si pensò a una cartolina magnetica, che poteva servire anche come memoria permanente o archivio dei dati: l’antenata dei dischetti o floppy disk. Stampante etastiera della macchina furono opera di Franco Bretti, progettista della Olivetti. La parte più delicata fu il sistema di programmazione: ne servì uno completamente nuovo. «Ne venne fuori un semplicissimo di sole sedici istruzioni, estremamente intuitive, con le quali compilare un programma equivaleva a scrivere la formula matematica delle operazioni da seguire. Una specie di Basic ante litteram». L’operatore poteva costruirsi il suo programma oppure utilizzare quelli pre-registrati sulla cartolina magnetica: la lunghezza non era limitata dalla capacità della cartolina, perché potevano essere usate in sequenza.

 

 

La macchina venne assemblata negli stabilimenti di Ivrea nel novembre del 1964, il giovane architetto Mario Bellini ne curò il design. Fa sorridere leggere il parere degli uomini di marketing riportato da Perrotto: «Dissero che non era né un grande calcolatore elettronico, né una calcolatrice da tavolo, per questo il suo mercato non esisteva. Prova era che i concorrenti non avevano fatto nulla del genere». Il successo del pubblico però stava per smentire la loro idea. La macchina venne così portata insieme ai nuovi prodotti della Olivetti a New York. Perrotto e la sua squadra crearono alcuni programmi con calcoli di ingegneria civile e progettazione di circuiti elettronici, altri con dei giochi. Il calcolatore, chiamato fino a quel momento Perrottina in omaggio al suo creatore, venne ribattezzato: “Programma” richiamava una delle caratteristiche esclusive del prodotto, mentre il numero “101” era stato scelto perché suonava bene in inglese. Le prime reazioni del pubblico furono di diffidenza, qualcuno chiese addirittura se non ci fosse un grande calcolatore nascosto dietro la parete. Ma allo stupore seguì presto un grande entusiasmo. Anche Perrotto fu coinvolto nella presentazione al pubblico: giocando a una specie di partita a dadi, nella quale uomo e computer si sfidavano a raggiungere un numero senza superarlo, spesso l’ingegnere venne battuto e il presentatore proclamò: «La Programma 101 riesce a battere il suo creatore».

 

Ai primi di novembre cinque Programma 101, su richiesta della società televisiva Nbc, vennero usate per il computo dei risultati elettorali da trasmettere a milioni di telespettatori nelle zone si New York e del New Jersey.

 

Una caratteristica rivoluzionaria della P101 fu la produzione in serie: mai prima d’ora in un prodotto commerciale tanta potenza di calcolo era stata concentrata in un volume e in un peso così piccoli. Altre fondamentali applicazioni come il calcolo di ammortamenti, ipoteche, paghe erano anche facili daeseguire. La stampa ne celebrò le dimensioni ridotte, l’idea della scheda magnetica, il programma e la facilità dell’uso.

Nel 1966 vennero prodotte oltre 200 Programma 101, il 90 per cento all’estero soprattutto negli Stati Uniti, al prezzo di due milioni di lire in Italia e tremila duecento dollari in America, con la produzione in rapidissima salita fino ad arrivare a 44 mila esemplari.

In

Italia venne presentata il 7 aprile del 1966, e anche la stampa italiana ne diede grande risalto. I concorrenti della Olivetti però non stavano a guardare: il 10 giugno del 1967 la Hewlett Packard versò 900 mila dollari all’azienda eporediese riconoscendo così di aver violato il brevetto della Programma 101 con il suo nuovo modello HP 9100.

Mentre la Olivetti continuò a investire più nelle macchine da calcolo e da scrivere che nell’elettronica, la concorrenza ormai aveva una strada da seguire.

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