OLIVETTI

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Le origini e il contesto territoriale

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Il 29 ottobre 1908 Camillo Olivetti costituisce a Ivrea la Ing. C. Olivetti & C. S.p.A., “prima fabbrica italiana di macchine per scrivere”. La prima macchina per scrivere è la M1, presentata nel 1911 alla Esposizione Universale di Torino.

Negli anni successivi l’Azienda cresce rapidamente, ampliando e diversificando l’offerta e sviluppando la presenza commerciale in Europa e nel mondo. Vengono lanciati nuovi modelli di macchine per scrivere (fra cui le prime portatili), seguite da telescriventi, calcolatrici, mobili e attrezzature per ufficio.

Nel 1933 diventa Direttore Generale Adriano Olivetti, figlio di Camillo, che imprime all’impresa uno stile e una cultura tale da farla diventare un esempio unico nella storia industriale italiana ed europea. Adriano mostra grande attenzione verso la tecnologia, l’innovazione, la qualità dei prodotti e la cura del design, dando inizio a una lunga storia di eccellenza.

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Camillo e Adriano Olivetti

Siamo nei primi anni ’50 e il computer in Italia è ancora un oggetto assolutamente sconosciuto, non solo per le masse: nessun dipartimento universitario o ricercatore italiano si è mai avvicinato ad un elaboratore elettronico. In quegli anni l’Italia si sta riprendendo da una condizione di pesante isolamento culturale e il connubio fra trattamento dell’informazione ed elettronica comincia appena ad essere studiato in alcuni laboratori universitari ed applicato su scala industriale da parte di pochissime aziende (IBMSperryBurroughsFerranti).

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Il primo calcolatore installato in Italia è l’NCR 102A dell’americana NCR, acquistato nel 1954 dal Centro di Calcoli Numerici del Politecnico di Milano con gli stanziamenti previsti dell’European Recovery Program, il cosiddetto Piano Marshall per la ricostruzione dell’Europa dopo la guerra.
Non esistendo distributori, l’ing. Luigi Dadda del Politecnico segue direttamente la spedizione da Los Angeles, che viene spedito in Italia direttamente dalla casa costruttrice via mare direzione Genova.

Nota curiosa: alla Dogana di Genova avviene l’unico intoppo di tutta l’operazione: la Guardia di Finanza, non sapendo come classificare l’elaboratore in quanto merce sconosciuta, blocca tutto per ore. Alla fine viene comunque trovata una soluzione: essendo un elaboratore a valvole, poteva essere assimilato ad una radio e per importarlo bastava applicare un bollino su ogni diodo, operazione un po’ lunga in quanto il calcolatore ne aveva ben 6.000.

La scelta del 102A è motivata da vari fattori: dal budget di 115.000 dollari, al fatto che la macchina è stata progettata al prestigioso MIT e dall’attenzione ad essa riservata dal National Bureau of Standards. Il calcolatore contava ben 650 valvole e una memoria di 1.024 posizioni (byte). La cosa più impressionante però era la frequenza di rottura, praticamente ogni due ore e, siccome non esistevano centri di riparazione, andava aggiustata in proprio con conseguenti lunghi tempi morti.
Il calcolatore sarà utilizzato fino all’inizio degli anni ’60 dall’Università ma anche dalle industrie private: dalla Pirelli per lo studio dei campi elettrici passanti nei cavi, alla Edison per i calcoli delle dighe.

Il secondo calcolatore ad arrivare in Italia è l’inglese Ferranti Mark 1, acquistato dall’Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo (INAC) del CNR ed installato a Roma nel 1955. Il sitema fu ribatezzato FINAC (Ferranti Inac).
Il calcolatore, progettato dall’Università di Manchester e funzionante già dal 1948, viene commercializzato dalla Ferranti che ne vende 9 esemplari, di cui 3 fuori dall’Inghilterra.
Il Mark 1 conteneva 4.000 valvole, 100.000 giunti saldati e 10 chilometri di cavi, il tutto alla modica cifra di 300 milioni di lire, provenienti dai fondi del piano Marshall e del CNR.
Il calcolatore era talmente grande (10m di lunghezza per 6 di larghezza) che venne trasportato in una sorta di scatola di montaggio: ci volle circa un anno affinché l’ing. Giorgio Sacerdoti ed il suo team (3 tecnici inglesi e 3 italiani) riuscissero a completarne il montaggio.

Se non c’erano dei lavori in corso veniva fatta una manutenzione  di tutto il sistema, detta preventiva, tutti i giorni dalle 9 alle 11 circa, i test erano relativi anche ai tubi Williams, e  due volte l’anno venivano controllate tutte le valvole.
In seguito, quasi tutti i centri di calcolo universitari in Italia seguirono questa direzione, acquistando elaboratori già pronti sul mercato: d’altra parte l’interesse era per le applicazioni e non tanto per la progettazione.

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La Console del Ferranti Mark 1

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