LEGGENDE INFORMATICHE: Recuperare un hard disk con il congelatore

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Fino a qualche anno fa un mito molto diffuso riguardava la possibilità di recuperare i dati da un hard disk corrotto tenendolo nel surgelatore; per quanto possa sembrare una semplice invenzione pare che con le prime tecnologie il rimedio fosse valido, in quanto gli hard disk dipendevano molto dalla temperatura circostante.
Il problema di questo approccio, sostanzialmente sconsigliato e ridotto ad oggi a semplice leggenda, è che così facendo si può creare uno strato di condensa sui piatti del disco rendendolo comunque non recuperabile, senza contare che i moderni SSD ne sarebbero del tutto immuni. Ad oggi le tecnologie sono evolute, non è detto che funzionino lo stesso a temperature basse (così come gli smartphone surgelati) ed il trucco non funziona più: molto meglio farsi preventivamnete un backup dei dati del proprio sito, pertanto.

Con le temperature molto fredde di questi giorni, non è ovvio chiedersi se i nostri smartphone abbiano una temperatura minima a cui riescono a resistere e funzionare regolarmente. In altri termini, è sempre il caso di utilizzare il nostro smartphone per qualche selfie al freddo ed al gelo? Proprio come avviene per gli organismi viventi che a temperature molto basse rischiano di andare in ipotermia, anche i nostri smartphone hanno dei range di temperatura in cui funzionano al meglio. Scendendo a temperature molto basse come avviene in questi giorni in molte zone d’Italia, si può riscontrare il rischio di “assiderare” il nostro telefono, magari senza nemmeno accorgercene o perchè impegnati a fotografare una fontana ghiacciata. In caso del genere infatti – ed ammesso che le istruzioni specifichino il range di temperatura ideale al funzionamento – eventuali danni al telefono non vengono, almeno in linea di massima, coperti dalla garanzia. Bisogna quindi fare attenzione a quando si usa e, soprattutto, a dove si custodisce il proprio smartphone.

Parlando in generale, ogni dispositivo elettronico dispone di una temperatura di riferimento, o meglio di un intervallo (range) di funzionamento ideale:tali intervalli tendono ad essere piuttosto ampi, per cui non c’è ragione di diventare troppo paranoici. Una stampante HP, ad esempio, lavora idealmente tra 0  e 55° C, teoricamente tra 15  e 32° e – alla peggio – se messa da parte o tenuta ferma per un certo periodo, andrebbe custodita secondo i dati di targa tra  -40° C fino a 60° C. Un iMac della Apple (modello del 2001) lavora mediamente tra 10° e 35°C, e riesce a sopportare tra -40°C e 47°C). Nell’ambito dei dispositivi portatili, inoltre, le istruzioni degli iPod sono chiare: vanno usati preferibilmente tra 0° e 35°C, vanno custoditi tra -20° e 45°C e non vanno lasciati ad esempio in auto, perchè soggetti a possibili sbalzi di temperatura fuori dall’intervallo indicato.
Questo suggerisce che in genere i dispositivi elettronici mal sopportano le temperature troppo alte o troppo basse a cui siamo abituati in questi ultimi anni, peraltro; in altri termini bisogna avere un minimo attenzione a dove si custodiscono, e soprattutto alle condizioni in cui si usano i propri telefoni. Si sono  effettuati  test di resistenza in tal senso, qualche anno fa (non sembrano esistere test più recenti, almeno di mia conoscenza): sono stati testati a temperature fino a -40°C buona parte dei dispositivi cellulari più comuni dell’epoca, e sono stati riassunti cosi:
  • fino a 0°C tutto sembra essere nella norma, almeno per i modelli in esame;
  • a -5°C, l’iPhone dell’epoca (il 4S) ed il celebre Nokia N9 mostravano messaggio di errore SIM e batteria scarica;
  • a -10°C l’iPhone spira come se avesse la batteria scarica;
  • a circa -29° C, molti modelli Android iniziano a rallentare inesorabilmente;
  • gli schermi LCD resistevano in generale al freddo meno bene di quelli con tecnologia AMOLED;
  • modelli più resistenti al freddo (fino a -40° C): Nokia C1-01, Nokia E65
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